Legge di Bilancio 2025, il Policy brief dell’ASviS

Legge di Bilancio 2025, il Policy brief dell’ASviS

La proposta di Legge di bilancio 2025 manca dell’ambizione necessaria per accelerare la transizione dell’Italia verso il conseguimento, entro il 2030, degli Obiettivi di sviluppo sostenibile. Come anticipato anche dal direttore scientifico dell’Alleanza Enrico Giovannini in audizione alla Camerail disegno di legge di bilancio (ddl) complessivamente non presenta quella coerenza e lungimiranza che servirebbe per stimolare investimenti privati sui settori fondamentali per il futuro dell’economia italiana, e per conseguire un netto miglioramento della condizione economica, sociale e ambientale del Paese in grado di centrare gli obiettivi che il Governo stesso si è dato nel 2023 con la Strategia Nazionale di Sviluppo Sostenibile.

È quanto emerge dal Policy brief Una Legge di bilancio per il 2025 prudente ma poco ambiziosa per recuperare i ritardi dell’Italia rispetto all’Agenda 2030, frutto del lavoro dell’ASviS e reso noto il 26 novembre.

Inoltre, il ddl si caratterizza per una serie di politiche frammentarie e non coglie le opportunità derivanti dalle nuove regole macroeconomiche europee che incentivano investimenti e riforme che realizzano gli obiettivi comuni dell’Unione europea, cioè transizione ecologica e digitale, attuazione del Pilastro europeo dei diritti sociali, aumento della resilienza a shock futuri dei sistemi produttivi e sociali. Carenze che risultano particolarmente gravi alla luce delle pressioni esercitate dalla crisi climatica e dai potenziali shock energetici e geopolitici.

Il ddl, pur presentando alcuni interventi apprezzabili nella direzione dell’equità sociale, non affronta in modo strutturale la drammatica crescita della povertà assoluta e, sul tema, non coglie l’opportunità offerta dalla disponibilità di ingenti fondi pubblici (Pnrr, Fondi strutturali, Fondo sviluppo e coesione).

Politiche incoerenti

In merito alla coerenza delle politiche, l’ASviS nella sua analisi rileva che la Legge di bilancio è sprovvista di una valutazione d’impatto sugli indicatori di Benessere equo e sostenibile (Bes), sugli effetti relativi alla transizione ecologica e digitale e sulla giustizia intergenerazionale. Una misura in contrasto sia con la modifica dell’art. 9 della Costituzione e sia con il Patto sul futuro firmato dall’Italia in sede Onu nel settembre 2024. Sul tema, l’ASviS propone la creazione di un Programma nazionale per la coerenza delle politiche per lo sviluppo sostenibile, che il Governo si era impegnato a istituire in sede Onu, contenente sia un fondo in grado di attuarlo sia un Piano di accelerazione sotto la guida della Presidenza del Consiglio.

Altro esempio di mancanza di coerenza lo si ritrova nelle diverse misure incentivanti previste per i settori produttivi (crediti d’imposta per la Zona economica speciale, incentivi all’assunzione, ecc.). L’ASviS da tempo segnala la necessità di inserire delle specifiche condizionalità in grado di indirizzare il sistema produttivo nazionale verso gli obiettivi delle transizioni verde e digitale.

Transizione ecologica

Andando nello specifico, l’attuale Legge non include un piano pluriennale per il miglioramento energetico degli edifici e la rigenerazione urbana, settori chiave per l’economia italiana. Allo stesso modo, la carenza di fondi per il Regolamento europeo sul ripristino della natura e per il Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici (Pnacc) rappresenta un’occasione mancata per la sostenibilità ambientale. Un approccio inadeguato, così come quello relativo ai fondi destinati all’Aiuto pubblico allo sviluppo (Aps): di questo passo non raggiungeremo l’obiettivo di destinare lo 0,7% del reddito nazionale lordo entro il 2030.

Come suggerito dall’ASviS al governo, gli investimenti per la transizione ecologica e digitale non possono essere rinviati a “condizioni di bilancio più favorevoli”, poiché, il Rapporto ASviS di primavera 2024 ha dimostrato che procrastinare queste azioni ne aumenterà i costi futuri, gravando sulle finanze pubbliche.

Imprese e occupazione

Per quanto riguarda l’occupazione e le politiche del lavoro, chiamate ad affrontare profonde trasformazioni economiche, tecnologiche e demografiche, si avverte la necessità di promuovere misure che facilitino formazione e riqualificazione professionale, rendendo sempre più urgente il coordinamento con il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) e con le Politiche di coesione dell’Unione europea. Tali misure si rivelano cruciali per colmare il divario occupazionale di genere e contrastare il fenomeno crescente dei Neet (giovani che non studiano, non lavorano e non sono inseriti in percorsi di formazione).

Il ddl prevede poi un forte aumento delle spese per la difesa, finanziata con paralleli tagli alle politiche industriali, come quelle sull’automotive. “Non crediamo che sia questa la strada da intraprendere: nei prossimi anni il settore delle imprese sarà soggetto a fondamentali cambiamenti e necessita di un adeguato accompagnamento”, si legge nel documento dell’ASviS.

Equità e lotta alle disuguaglianze

Manca una chiara strategia industriale nazionale che affronti le disuguaglianze, comprese quelle territoriali. Le diverse misure incentivanti ai settori produttivi del Paese dovrebbero prevedere condizionalità specifiche al fine d’indirizzare al meglio il sistema produttivo nazionale, per raggiungere gli obiettivi delle transizioni verde e digitale che ci siamo prefissati.

Sebbene il ddl presenti misure per una maggiore equità sociale, non affronta in modo strutturale l’aumento della povertà assoluta, in particolare tra le famiglie giovani con figli, né il divario sociale e territoriale. Non si rileva infatti una coerenza con altri interventi pubblici, come il Pnrr, i Fondi strutturali e il Fondo sviluppo e coesione, né sono previste modifiche all’Assegno di inclusione o al Supporto per la formazione e il lavoro, come suggerito dall’ASviS e da autorevoli istituzioni nazionali e internazionali. Preoccupa l’avvio della legge sull’autonomia differenziata. Qui mancano infatti le risorse per finanziare i Livelli essenziali di prestazione (Lep) nei diritti civili e sociali da garantire su tutto il territorio nazionale. 

Fisco

La progressiva erosione della base imponibile Irpef segnala che occorre utilizzare un approccio diverso se si intende combattere l’evasione fiscale e promuovere una tassazione più equa. Per l’ASviS andrebbe estesa a 28mila euro di reddito complessivo l’aliquota più bassa (23%) dell’imposta, inoltre andrebbe spostato il carico fiscale dai redditi da lavoro verso altre basi imponibili in modo da riequilibrare il peso tra imposte dirette e indirette. Serve dunque una riforma fiscale orientata alla giustizia distributiva, che non può integrare misure come i condoni, che erodono la fiducia del contribuente e incentivano pratiche fiscali opportunistiche.

In materia è positivo, invece, il rifinanziamento dei fondi per l’acquisto dei beni alimentari di prima necessità (carta “Dedicata a te”, 0,5 miliardi nel 2025) e la distribuzione di derrate alimentari alle persone indigenti (50 milioni a decorrere dal 2025). Va però ricordato che i tagli ai fondi degli enti territoriali rischiano di ridurre quelli destinati al miglioramento della qualità della ristorazione collettiva.

Agricoltura

La Legge di bilancio non fornisce quella spinta necessaria per concretizzare il Goal 2 dell’Agenda 2030. In particolare, risultano carenti o assenti iniziative in grado di incidere sulla produttività e competitività dell’agricoltura e sulla sostenibilità ambientale del settore. Mancano misure indirizzate soprattutto alle piccole aziende agricole che devono adattarsi alla crisi climatica. Di riflesso, non sono presenti misure per preservare e sostenere la biodiversità anche in vista dell’attuazione del Regolamento europeo sul ripristino della natura.

Sanità

Le misure previste non riescono a garantire l’accessibilità dei servizi sanitari e il benessere di cittadine e cittadini. Nello specifico, la Legge prevede un aumento in termini nominali della spesa sanitaria che, però, nel biennio 2026-27 si stabilizzerà al 6,4% del Pil, un livello del tutto inadeguato. Peraltro, i nuovi fondi attribuiti a partire dal 2025 sono in gran parte destinati all’aumento degli stipendi del personale (contratti, indennità di specificità, ecc.) e non all’innovazione tecnologica e organizzativa del settore, mentre risorse aggiuntive, ma molto limitate, sono indirizzate all’aggiornamento dei Livelli essenziali assistenziali (Lea) e degli importi tariffari, e alla remunerazione delle prestazioni per situazioni acute e post-acute.

Infine, l’ASviS ritiene positivi gli stanziamenti crescenti per l’attuazione delle misure del Piano pandemico nazionale – che però deve essere ancora pubblicato – per il periodo 2024–2028 (50 milioni di euro per l’anno 2025, 150 milioni l’anno 2026 e 300 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2027).

FONTE: Sito ASviS – Articolo di Ivan Manzo