26 Gen L’impegno della Rete dei Comuni Sostenibili per territori più resilienti
Intervista al Presidente della Rete dei Comuni Sostenibili, Valerio Lucciarini De Vincenzi, a cura di Laura Polverari per il Giornale della Protezione Civile.
Proteggere il nostro fragile territorio e condividere buone pratiche per incentivarne la resilienza. Sono anche questi gli scopi della Rete dei Comuni Sostenibili (RCS), un’associazione nazionale giovane – è nata il 14 gennaio 2021 – ma in costante crescita, promossa da ALI (associazione delle Autonomie locali italiane), Città del Bio e Leganet. Riunisce, ad oggi, oltre 50 città e comuni italiani, altrettanti sono in fase di approvazione e oltre 300 sono le manifestazioni di interesse ricevute.
Abbiamo intervistato il presidente Valerio Lucciarini De Vincenzi, che ci ha spiegato il valore di un organismo che si impegna ad accompagnare i comuni nel raggiungimento degli Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile (Sdgs) e del Benessere equo e sostenibile (Bes) con strumenti e pratiche innovative, concrete e virtuose, misurando attraverso un set di 101 indicatori le politiche locali di sostenibilità. La Rete aiuta i comuni a intercettare le opportunità di finanziamento, favorisce il confronto e le buone pratiche, e promuove corsi di formazione per gli amministratori locali e i dipendenti comunali.
L’ultimo Rapporto ASviS ha evidenziato segnali positivi per alcuni obiettivi Sdgs come il sistema energetico, o la lotta al cambiamento climatico, ma ha rilevato peggioramenti relativi a nove obiettivi, come ad esempio la povertà, la salute (Goal 3), l’uguaglianza di genere, e le condizioni delle città). Come si inserisce la Rete dei Comuni Sostenibili in questo contesto e come può essere di sostegno per il miglioramento di quegli indicatori ancora negativi?
Ci fa molto piacere che RCS sia stata inserita all’interno dell’ultimo Rapporto ASviS “I territori e gli Obiettivi di sviluppo sostenibile”. Questo la dice lunga sull’importanza della territorializzazione dei temi della sostenibilità e quindi anche dei percorsi che devono poter portare a traiettorie che indirizzano negli obiettivi dei 17 Sdgs il futuro della nostra società. Dal Rapporto emerge un rallentamento delle attività verso la sostenibilità a causa del Covid-19. D’altro canto la pandemia ci fa capire quanto sia importante proseguire su questo percorso: ha aumentato le differenze, ci ha fatto comprendere quanto sia fondamentale la protezione del sistema universalistico, così come ci ha fatto capire quanto sia difficile in momenti così drammatici poter guardare a un welfare che sia in grado di raggiungere tutti. E come sia complicato per i comuni riuscire a ottemperare, in regime di emergenza, a tutte le misure inserite nella parte corrente di Bilancio. La nostra è un’associazione formata per il 93% da comuni medio-piccoli, con strutture piccole, molto spesso con una dimensione territoriale molto ampia. Tutto ciò che genera difficoltà, determina e condiziona le politiche che riguardano la sostenibilità. Pensiamo che RCS serva proprio ad accompagnare i comuni a una pianificazione del proprio piano strategico che guardi alla sostenibilità. Agli aderenti chiediamo l’impegno ad approvare il Piano di Azione per il Comune Sostenibile, o Agenda Locale 2030.
Da quest’anno RCS metterà anche a disposizione una piattaforma digitale che raccoglierà le buone pratiche concretizzate dai comuni aderenti. Può illustrarci, tra queste, quali politiche si contraddistinguono riguardo le misure di mitigazione del rischio e adattamento ai cambiamenti climatici?
Stiamo redigendo proprio ora le relazioni. La nostra piattaforma consente la comparazione dei percorsi dei comuni sulle politiche di sostenibilità misurate attraverso 101 indicatori. È importante per verificare di volta in volta come procede il percorso di un’amministrazione verso la sostenibilità rispetto ai segmenti su cui hanno deciso di investire, ma un comune può verificare anche come sta avanzando rispetto a un altro comune con caratteristiche simili e vorremmo che diventi una prassi consolidata. Quello che noi facciamo è verificare, comune per comune, quali vogliono essere gli obiettivi di quella specifica realtà. Per i comuni tutto ciò che significa territorio è priorità: saper quindi guardare alla governance dell’ambiente, agli strumenti urbanistici che vengono messi in campo, agli interventi infrastrutturali e di consolidamento che i comuni devono necessariamente fare e che pesano nel quarto capitolo di bilancio, e quindi tutto ciò che riguarda la protezione del territorio. Non abbiamo ancora verificato configurazioni che ci possano far riflettere su determinate azioni, ma è chiaro che la tenuta del territorio, l’assetto idrogeologico, il consumo del suolo, sono aspetti decisivi e strategici per tutti i comuni. Rileviamo una inversione di tendenza, che è secondo me l’aspetto più rilevante: mentre anni fa, attraverso gli strumenti urbanistici come il piano regolatore, si andava incontro alle aspettative dei cittadini dando una conformazione del futuro diciamo di espansione, oggi accade il contrario. La sensibilità verso la sostenibilità fa sì che lo sviluppo si concentri nella rigenerazione urbana. Un virtuosismo che rilevo con forza e una crescita della cultura amministrativa che è trasversale dal punto di vista politico. Così come emerge nettamente, da un po’ di tempo, l’importanza di avere un organismo come il gruppo comunale di protezione civile che genera un meccanismo di solidarietà e di comunità. Una sensibilità che è cresciuta e, anche in questo caso, che accomuna tutte le realtà amministrative.
Una sinergia tra enti locali e protezione civile che dunque diventa sempre più fondamentale. Mi fa pensare alla nascita di nuove figure che, in organico o meno ai comuni, si stanno sviluppando, come ad esempio il climate manager o il disaster manager. Come vede queste nuove professionalità anche in rapporto alle attività di RCS?
Sono molto importanti. Io le vedrei come figure che vanno a integrare il sistema della protezione civile, ma la maggior parte dei comuni non è in grado di dotarsi di figure così altamente professionali per un divide organizzativo ed economico. RCS vuole essere un punto di promozione verso questa sensibilità ma anche una sede operativa in cui un comune, non forte dal punto di vista organizzativo, possa trovare risposte attraverso servizi integrati, ed esperti che possono occuparsi di determinate tematiche come quelle che ha appena citato. Quando diciamo che la Rete serve ad accompagnare il Piano strategico, riguarda anche questo aspetto: lo può fare individuando opportunità finanziarie attraverso la partecipazione a bandi regionali, nazionali ed europei ma anche accrescendo delle professionalità interne alle amministrazioni attraverso la formazione. Non è detto che in un comune di 5 mila abitanti con la posizione organizzativa che si occupa di patrimonio e manutenzione non possa trovare una formazione che riesca ad applicare un principio di sussidiarietà operativa. Non ci dobbiamo mai dimenticare che tutte queste belle idee bisogna misurarle con la capacità e la disponibilità dei comuni stessi e, in larga maggioranza, i comuni italiani vivono queste difficoltà nel quotidiano.
Mai come ora le risorse economiche sono così ingenti e la preoccupazione maggiore da parte degli enti locali è quella di non riuscire a sfruttare queste opportunità. Mancano le risorse umane che, se impiegate per esempio nella scrittura dei bandi del PNRR o nel gestire il rapporto con La Rete che fornisce loro un supporto, non possono portare avanti quelle attività ordinarie che devono necessariamente procedere. Cosa ne pensa?
Ha centrato il punto. Il PNRR è uno strumento straordinario per le risorse economiche che mette a disposizione ma anche per i tempi di applicazione molto contingentati. Per i comuni la difficoltà non è solo quella di avere professionalità all’altezza ma anche di aprire alla loro individuazione. Un tema, quello del pagamento di queste nuove professionalità, pacificato dal Governo perché è dentro al progetto finanziabile del PNRR. Ma rimane il problema dello svolgimento dell’attività ordinaria. La Rete cerca anche di fare da catalizzatore di professionalità. Tra l’altro, è notizia di queste ore che siamo stati incaricati dalla commissione Europea di avviare un’indagine conoscitiva nei nostri comuni rispetto ad alcuni indicatori. La Commissione, infatti, sta apprezzando molto l’attività della Rete, una delle pochissime presenti in Europa e l’unica in Italia. Vogliamo costruire un network che metta insieme professionalità a disposizione dei comuni. Con Leganet, la società di servizi di Ali, possiamo contare su partnership importanti che possiamo mettere a disposizione dei comuni aderenti.
Sul sito avete dato notizia del bando di 380 milioni di euro, in scadenza il 15 marzo, per la rigenerazione culturale e sociale dei piccoli borghi storici. Ce ne può parlare? Come intendete procedere in concreto nel supportare i comuni e quelli del cratere sismico?
Abbiamo un ruolo di stimolo e un approccio, direi, sindacale su determinate tematiche legate ai comuni. Insieme ad altre associazioni come Anci, Uncem e Upi, cerchiamo di generare contributi che diano loro delle risposte, soprattutto a quelli in difficoltà come i comuni del cratere sismico. Lo facciamo anche attraverso l’interlocuzione con il commissario alla Ricostruzione Legnini. Poi, sul campo, lavoriamo con il sistema di partnership con le quali generiamo confronti e determiniamo i contributi (con Next – Nuova Economia per tutti, Labsus- Laboratorio per la sussidiarietà e Fondazione Appennino ecc…). Ci sono anche delle risorse ordinarie per i territori terremotati che sono state sbloccate, messe in campo dai governi precedenti e oggi rifinanziate. Il lavoro politico-associativo di sollecitazione dello sblocco è decisivo. Il tema della rigenerazione urbana poi trova diverse risposte anche nel PNRR. Il bando cui ha fatto riferimento è importante. A nostro avviso avrebbe potuto esserci una risposta maggiore perché è evidente che la rigenerazione è decisiva nelle aree interne. La sostenibilità avrà successo laddove la forbice tra aree interne e il resto del paese sarà ridotta. Il PNRR è una grande opportunità ma solo se si giocano le carte di un riequilibrio proporzionato tra aree interne e il resto del paese allora il PNRR non avrà fallito. Bisogna intervenire con azioni concrete e specifiche, non basta solo una cartolina per dire che si è intervenuti.
Quali sono i prossimi progetti che la RCS ha in programma?
Abbiamo presentato al ministero delle Infrastrutture e della Mobilità sostenibile il progetto “Comuni sostenibili on the road”, un viaggio nei comuni che hanno avviato la transizione ecologica, per far emergere le peculiarità rispetto alla sostenibilità, coinvolgendo non solo le amministrazioni ma anche le rappresentanze culturali, sociali, private. E abbiamo già preparato la puntata zero da Grottammare. C’è stato subito un parere positivo da parte del ministro Giovannini che ha tenuto a battesimo RCS l’anno scorso. Abbiamo inoltre un partenariato importante con Enel e Fs e la trasmissione radiofonica Caterpillar che ci seguirà in questo viaggio. Un progetto importante che vogliamo diventi pluriennale.
Laura Polverari